Tu sei qui: Territorio e AmbienteIl Corpo di Cava meta del secondo appuntamento de "Camminare il Paesaggio" / FOTO
Inserito da (Redazione Costa d'Amalfi), venerdì 17 dicembre 2021 11:50:26
di Angela Vitaliano
Un freddo pungente, un paesaggio spettrale ma affascinante, questo lo scenario del secondo appuntamento del progetto "Camminare il paesaggio", i cui ideatori Dario Cantarella e Aniello Ragone, inarrestabili, hanno scelto la frazione più antica di Cava e anche l'unica che presenta mura, fortezza, porte di un tempo lontano: Corpo di Cava.
Questa volta l'appuntamento è domenica 12 dicembre alle ore 18,00 davanti all'Abbazia dove Dario e Aniello, insieme alla presidentessa del CAI Cavese Lucia Palumbo, hanno salutato i temerari che hanno sfidato il clima non proprio mite. Dario ha spiegato le origini della frazione che con il suo territorio montuoso, fu il rifugio degli esuli in fuga dalle varie città, dopo la caduta dell'impero Romano d'Occidente. Poi ci fu l'arrivo di Sant' Alferio Pappacarbone e di alcuni suoi confratelli, il quale cominciò a costruire dei ricoveri, una mensa per i poveri, il nucleo di quello che poi sarà l'Abbazia . In seguito l'abate Pietro I, fondò ed edifico' intorno un villaggio, protetto da alte mura e bastioni con tre porte ed otto torrioni di difesa, dove si stabilirono importanti personaggi che risiedevano a valle, creando il primo insediamento della città di Cava. Il 5 settembre 1092 nel villaggio, giunse anche il papa Urbano II che consacro' l'Abbazia Benedettina. Il 10 aprile 1497 con bolla di papa Alessandro VI, il monastero cavense fu unito al movimento monastico riformato della Congregazione di Santa Giustina di Padova (detta poi Cassinese). Quest'annessione fu in un primo momento voluta ma poi contrastata dal popolo di Cava. I monaci chiesero al cardinale Oliviero Carafa la soppressione, del vescovato di Cava. La situazione peggioro' con l'intromissione della Vicaria di Napoli nelle faccende dei cavesi. L' università della Città de La Cava, che non aveva gradito la clausola della soppressione del vescovato perché ritenuta lesiva del proprio prestigio e diritto della urbs episcopalis cavensis, nel dicembre del 1503, insorgeva contro i monaci. Il 6 marzo 1507, Mercoledì delle Ceneri, la popolazione capeggiata da Ferdinando Castriota, dalla famiglia Longo e da altri esponenti della università, prendendo a pretesto alcune questioni di pascoli e sfruttamento di boschi sorte con i benedettini, fece irruzione nel monastero e mise a saccheggio le celle e l'appartamento dell'abate. I monaci si rifugiarono nel priorato di Sant'Angelo in Grotta a Nocera Inferiore, mentre la chiesa dell'abbazia venne affidata a dei preti diocesani. Il Nunzio apostolico a Napoli cardinale Niccolò Fieschi, dopo circa 15 giorni, rimise i religiosi nel possesso della badia e scomunicò i cavesi. Questi fatti sono testimoniati da una lapide. Altra sosta davanti all'hotel Scapolatiello che, come ha ben illustrato Dario, è l'unico sopravvissuto dei tre esistenti (Hotel Adinolfi e Hotel Guariglia), meta dei più grandi viaggiatori di tutti i tempi, esempio il poeta Salvatore Di Giacomo che vi alloggio' insieme alla moglie Elisa. E i presenti hanno ascoltato dalla voce di Dario, una lettera scritta dal poeta, che parla proprio del piccolo Borgo. La Chiesa di Santa Maria della Terra, essendo chiusa non si è potuta visitare e quindi Dario ha cercato di presentarla. Essa in origine era di forma ogivale, a tre navate. Consacrata nel 1092 dal Cardinale Rangerio, vescovo di Reggio Calabria, fu la prima sede cattedrale, prima che questa fosse trasferita al Borgo, nella vallata. Nel 1760 un radicale rifacimento occultò le colonne di marmo sormontate da capitelli e cancellò gran parte degli affreschi dalle pareti. Di recente è stata ristrutturata, ritornando allo splendore iniziale, con il ritrovamento di capitelli e colonne .Conserva una bella statua del '600 dell'Assunta. lI leggio della chiesa è stato realizzato con elemento residuo dell'ambone medievale. La chiesa venne chiamata così perchè fondata sulla "Terra" concessa da Gisulfo, principe di Salerno, all'abate Alferio. Accanto alla chiesa vi è un antico lavatoio restaurato nel 1881 che raccoglie le acque dalla fonte che è sotto la chiesa: queste si versano in una vaschetta che ha due fori a livello del fondo, uno che porta acqua al lavatoio pubblico, l'altro che viene incanalato in una peschiera. Qui si è svolta la prima piece teatrale: la scena esilarante delle lavandaie tratta da "La Gatta Cenerentola", recitata dalle attrici e attori del laboratorio Teatro Luca Barba di Geltrude Barba: Teresa Accarino, Nicola Della Porta, Rosalba Vitale, Maria Antonia Apostolico, Fabiana Penna, Maria Barba e Gerardo Caputo. Dopo i saluti e ringraziamenti degli attori e di Geltrude, ci si è soffermati a spiegare che a causa di queste continue liti fra le donne, perché esisteva un solo lavatoio e per giunta fuori le mura, le autorità di allora decisero di costruire un secondo lavatoio, appunto quello. Il gruppo si è poi recato a Villa Ernestina nella cui entrata aspettava l' attore Pietro Paolo Parisi che ha offerto un tributo a Dante Alighieri, recitando il Manfredi del III canto del Purgatorio " Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice....'. Anche questa scena ha un suo perché, in quanto Manfredi, re di Napoli e Sicilia, figlio di Federico II, lo Stupor Mundi, nel 1266 durante la guerra tra Svevi ed Angioini , si rifugiò' in questa fortezza e prima di fuggire, distrusse le mura. Pochi giorni dopo morì a Benevento. Dopo il gruppo si è recato nella piazzetta dove Lucia Palumbo ha letto una poesia ad hoc relativa a Villa Ernestina, ai suoi abitanti, sostanzialmente al Corpo di Cava. Aniello Ragone ha illustrato la caduta delle mura e poi si è distribuito un buon vino rosso di Terra Vitale nei boccali con il logo del progetto, che sono stati donati ai presenti (circa 100). Dopo di che, tutti si sono diretti alla porta della città, dove, anticipata da una invocazione (Angela Vitaliano) e da una piccola presentazione di Dario, in un silenzio e buio spettrale, si è svolta l'ultima piece teatrale: la scena del Coro delle streghe di Macbeth, interpretata da Tiziana Memoli, Teresa Moreno e Rossana Lamberti, al suo debutto teatrale. Il successo ha coronato anche questo secondo suggestivo appuntamento.
Dario, Aniello e Geltrude Barba ci hanno ormai abituati ad un genere divertente e salutare: ammirare il paesaggio, rivivere episodi relativi al territorio e camminare. Alla prossima.
Foto: Gaetano Gallo
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