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Poste italiane, Governo , politica

Privatizzazione di Poste Italiane, il deputato salernitano Franco Mari (AVS) boccia l'operazione del Governo

Dopo ben due interpellanze, in Commissione Lavoro, per convincere il Governo ad includere quello dei portalettere tra i lavori usuranti, ora l’attenzione del parlamentare salernitano si concentra sull’annunciata privatizzazione della società, di cui lo Stato detiene quasi il 65% delle azioni

Inserito da (Redazione Costa d'Amalfi), giovedì 1 febbraio 2024 12:30:02

Poste Italiane ancora nel mirino del deputato di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), FrancoMari.

Dopo ben due interpellanze, in Commissione Lavoro, per convincere il Governo ad includere quello dei portalettere tra i lavori usuranti, ora l'attenzione del parlamentare salernitano si concentra sull'annunciata privatizzazione della società, di cui lo Stato detiene quasi il 65% delle azioni. Nel question time alla Camera, il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha risposto a Mari confermando, di fatto, tutte le preoccupazioni espresse nell'interrogazione. Stando a quanto dichiarato dal titolare del Mef, se pure la quota pubblica dovesse andare sotto il 50%, cosa ormai certa, ciò non pregiudicherà il controllo dello Stato sulla società. Non è così, ha replicato al Ministro il deputato. Secondo il quale siamo evidentemente di fronte ad una vera e propria svendita, con rischi concreti per l'occupazione. Sono infatti ben 120mila i dipendenti di Poste Italiane e proprio in queste ore tutte le organizzazioni sindacali di categoria hanno lanciato una mobilitazione e iniziative di lotta per fermare la privatizzazione.

"Poste Italiane non è un'azienda qualsiasi - ha ricordato il parlamentare salernitano a Giorgetti - è, insieme al sistema sanitario, al sistema scolastico e al trasporto pubblico, una fondamentale infrastruttura sociale del nostro Paese".

L'ufficio postale, infatti, è una presenza dello Stato anche in piccole frazioni dove non c'è la caserma dei carabinieri o l'ufficio decentrato del Comune. E la raccolta dei piccoli risparmi degli italiani viene fatta fisicamente negli uffici postali. C'è bisogno di fiducia per portare i soldi a qualcuno. E se quel qualcuno non è più lo Stato è facile che si riduca anche la fiducia.

"È una scelta miope - ha ribadito il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra - perché la dismissione del 20% di Poste potrebbe forse generare un incasso di 2,7 miliardi di euro, ma significherebbe perdere circa 260 milioni di euro annui di dividendi, con una perdita evidente e senza alcun vantaggio per la riduzione del debito pubblico. Ed è anche una scelta debole perché subalterna all'Europa, dove la premier Meloni aveva detto che non avrebbe fatto accordi al ribasso, battendo se necessario i pugni sul tavolo nell'interesse nazionale. Invece queste svendite sono proprio l'effetto del ripristino del Patto di Stabilità, accettato anche dall'Italia senza colpo ferire. E proprio per provare a evitare probabili sanzioni si avvia un piano di privatizzazioni che prevede la cessione di quote di Eni, Poste Italiane e persino Ferrovie dello Stato. Cos'altro possiamo aspettarci - ha chiesto Mari al ministro dell'Economia e delle Finanze - da una riduzione della presenza pubblica in società che operano in settori strategici come Enav, Enel, Eni e Leonardo, se non una ulteriore difficoltà per la nostra economia, anche a stare dentro la crisi delle maggiori economie europee. In pratica si smontano settori strategici, dopo aver già ceduto la rete telefonica, con la svendita di Tim a Kkr, e quella autostradale".

Mari, infine, ha accusato il Governo di affrontare le spese dello Stato usando sempre i soliti strumenti.

"La fiscalità generale, sempre più iniqua grazie a condoni e flat tax; il debito pubblico, tanto pagheranno sempre i soliti noti, cioè i lavoratori dipendenti; la vendita del patrimonio pubblico, come in questo caso, sebbene abbia sempre prodotto risultati pessimi per l'occupazione e per la qualità dei servizi. Anche questo Governo, insomma, perfettamente in linea con i precedenti, si rifiuta di guardare all'unica possibilità che abbiamo, cioè la tassazione della ricchezza, il recupero dell'evasione fiscale e il ritorno degli extraprofitti nelle tasche delle famiglie che hanno pagato in questi anni più del dovuto, soprattutto per le forniture energetiche", ha concluso Mari.

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