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Cronaca

Pedofili su internet, denunciati 2 cavesi

Inserito da (admin), mercoledì 25 maggio 2005 00:00:00

2 degli 11 indagati campani nell'operazione "Video privé", partita dalla Procura di Siracusa, sono di Cava de'Tirreni. Pesanti il capo d'accusa: pedo-pornografia. In pratica, scaricavano da un sito internet "segreto", non presente nei motori di ricerca web, cui si poteva accedere solo tramite password, filmati con bambine di età tra i 4 e gli 8 anni, vittime di abusi sessuali e sevizie. Quando gli agenti della Polizia postale hanno fatto irruzione nelle loro abitazioni, su disposizione della Procura siciliana, per sequestrare i computer e notificare la denuncia, uno dei due non ha neanche avuto la prontezza di spegnere il computer, collegato proprio a quel sito. E così, i poliziotti hanno potuto constatare di persona le sue responsabilità. L'operazione "Video privé" assegna alla provincia di Salerno un triste primato: 6 degli 11 indagati campani sono della zona. E precisamente, di Cava de'Tirreni, Sarno, Salerno, Battipaglia e Pagani. Gli altri 5 sono di Napoli, Casoria, Giugliano, Mirabella Eclano e Montoro Inferiore. Sono tutti insospettabili, in gran parte impiegati e studenti, tutti al di sotto dei 40 anni. A far scattare le indagini è stata una denuncia dell'associazione "Telefono Arcobaleno". Alcuni operatori, collegati ad internet 24 ore su 24, hanno scoperto il sito ed hanno denunciato tutto alla Procura di Siracusa, sede del sito pirata. Difficile stavolta per gli indagati poter dire che era stato un caso e che, viaggiando in rete, si erano trovati inavvertitamente a scaricare questo materiale. L'accesso al sito, infatti, era difficile e consentito soltanto ad esperti, con l'url attiva solo 9 giorni con il metodo del "mordi e fuggi". E così, per individuarla ed avervi accesso, occorreva avere una notevole esperienza nel settore: la sua esistenza, infatti, era pubblicizzata su una bacheca aperta su un sito specializzato di un Paese orientale. Su un altro indirizzo web della stessa area geografica era disponibile la password che permetteva di accedervi, composta da una combinazione di 15 caratteri alternati di lettere e numeri. L'indirizzo del sito era, inoltre, privo di una pagina di indice, per evitare che potesse essere individuato e catalogato dai motori di ricerca presenti sul web. Insomma, roba non solo da esperti, ma anche da pedofili incalliti. L'indagine, condotta dal Nucleo investigativo telematico della Procura, è durata 11 mesi, durante i quali sono stati condotti accertamenti via rete, che hanno consentito di identificare 186 italiani che nei 9 giorni in cui il sito è stato aperto vi si sono collegati. Tra questi anche degli insospettabili, come 3 sacerdoti che prestano il loro ministero in Sicilia, Lombardia e Trentino Alto Adige, che avevano in uso dei computer al cui interno vi era una collezione di filmati pedo-pornografici. «Quanto accaduto dovrebbe indurre i minimizzatori del turpe fenomeno pedo-pornografico a rivedere le proprie posizioni, per favorire il varo di misure di contenimento e contrasto adeguate, lontane da sterili enunciazioni parolaie», commenta Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui Diritti dei Minori. Giovanni Arena, presidente di "Telefono Arcobaleno", aggiunge: «Occorre considerare con maggiore attenzione la crescita della domanda nel nostro Paese, tale da porlo tra i primi posti nella classifica mondiale. Il numero di accessi ai siti internet pedo-pornografici è stato tale da costituire una fetta pari all'1,99% nel circuito internazionale pedo-business, il che attesta l'Italia all'ottavo posto. Su questo bisogna ancora lavorare».
La legge: solo sanzioni
Nell'ambito di una simile inchiesta, il processo a carico di un uomo nel cui computer gli investigatori avevano trovato ben 82.634 file a contenuto pedo-pornografico scaricati da un sito internet e 33 vhs dello stesso genere, si è concluso con un patteggiamento ed il pagamento di una sanzione di 3.000 euro. L'uomo è tornato a casa senza nemmeno la fedina penale macchiata, perché la legge vigente prevede anche la non menzione della condanna.

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