Tu sei qui: PoliticaLa Margherita, il direttivo cavese pronto a dimettersi
Inserito da (admin), mercoledì 28 giugno 2006 00:00:00
La lunga notte della Margherita tra incontri e telefonate, poi proseguita nella mattinata di ieri tra un susseguirsi di fax e comunicazioni. E' una storia che parte da lontano, dall'indicazione dei diessini al tavolo del centrosinistra della proposta di Luigi Gravagnuolo a candidato sindaco.
Un cammino sofferto nel fiorellino, ma poi l'entrata del gruppo facente riferimento al consigliere regionale Antonio Cuomo, e che comprendeva uomini come Antonio Barbuti, Antonella Gaeta, Gianpio De Rosa, Gerardo Baldi, Salvatore Senatore, ed ancora autonomamente di Daniele Fasano, rafforzò il partito. Ma creò una profonda spaccatura con l'ala storica del partito, costituita da De Filippis, Venosi, Galdo, Sorrentino, Virtuoso. Il risultato elettorale fece il resto. E le vicende che hanno portato alla lunga trattativa con il tavolo del centrosinistra sono emblematiche dell'atmosfera nel partito, il direttivo messo nell'angolo, il risultato elettorale fa testo.
L'ultimo atto, l'indicazione dei tre assessori attraverso un fax a firma di Donato Pica, vice-coordinatore provinciale, ed Antonio Pagano, segretario organizzativo provinciale, confermato da un successivo fax a firma dello stesso Pagano e di Giancarlo Accarino, mentre era in corso la presentazione della Giunta Gravagnuolo a 5, con l'esclusione della Margherita. Un iter legittimo secondo il Coordinamento provinciale. «Il direttivo completamente esautorato - afferma Pierfedrico De Filippis - le dimissioni in massa del direttivo saranno la nostra risposta a tanta arroganza e presunzione». Pesa sul fiorellino cavese l'ombra di un accordo già stipulato, avvertito da tutti, ma mai denunciato, tra il Coordinamento provinciale della Margherita ed esponenti di spicco dei diessini.
«L'accordo a cui fanno riferimento i fax sia di Pica che di Accarino non sono espressioni della Margherita di Cava, ma solo di consiglieri comunali che hanno condotto la trattativa da soli», continua De Filippis. Nel direttivo sezionale regnano la sfiducia e l'irritazione. Sul banco degli imputati anche lo stesso segretario Francesco Ragni, ma soprattutto i dirigenti provinciali, che hanno invocato l'autonomia del direttivo sezionale quando si doveva votare l'adesione alla candidatura Gravagnuolo. «E poi, quando si è trattato di dare vita ad un progetto politico-amministrativo con incarichi e sottogoverno, l'autonomia è scomparsa», conclude De Filippis.
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