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Economia e Turismo

Sprofonda una Salernitana penosa

Inserito da La Città di Salerno (admin), lunedì 9 dicembre 2002 00:00:00

La Salernitana di Aliberti (nella foto) e Zeman finisce così, senza nemmeno più fischi e lamenti, tra le parole nello spogliatoio del presidente, che trova davanti un muro, e quelle di un tecnico che in sala stampa si sfila l'orologio dalle mani senza accorgersi che il tempo è scaduto. La Salernitana finisce così, tra la presunzione di un allenatore che ripete ogni volta sillabe scontate («Io ci credo ancora», «Questa squadra si può e si deve salvare») e le intenzioni di un presidente che a fine partita si sarebbe aspettato un gesto deciso del boemo, senza però trovare risposta. Perché Zeman non ammette di aver fallito, non ha voglia di abbandonare e prosegue imperterrito per la sua strada. Dovrà essere Aliberti - se vorrà, se ne avrà la forza - congedare un allenatore che in 14 partite di campionato ha collezionato 10 sconfitte (5 casalinghe), ha la difesa più perforata della categoria (24) ed il terzo attacco più anemico della B. La Salernitana prima finisce sul campo, avviandosi verso un'inevitabile retrocessione in C1, poi finisce negli spogliatoi, fino a rasentare l'assurdo, perché, dopo un'ora di faccia a faccia (Aliberti, Zeman, squadra), il boemo tiene a precisare che «con il presidente non ci siamo chiesti niente». Il niente: proprio quello che mostra la Salernitana sul campo, sulla panchina e dietro la scrivania. Non ha più stimoli la società, non hanno più vigore i tifosi, sfiancati ed avviliti da gestioni fallimentari. La Salernitana finisce così, avvitandosi ineluttabilmente verso il disastro, senza voglia di reagire, incapace di qualsiasi sussulto o di una vampata di orgoglio. Finisce tra l'indifferenza dei tifosi, che non riescono nemmeno più a fischiare e ad imprecare. Hanno soltanto la forza di andar via prima che lo scempio sia finalmente e definitivamente chiuso dal triplice fischio finale. Avvolta dal silenzio la squadra, che si limita al compitino, provando a colorare schemi che non hanno anima, ripetendo un tic-toc scarno, inefficace, senza alcun senso logico. Non ci mette applicazione, non ci mette convinzione. Più che i gol, basta un flash per descrivere il tracollo. E' il 14' del secondo tempo: il Verona vola già sul 3-1, Cossu sta per terra. Gioco fermo: Zoro e Baggio bisticciano, Zeman se ne sta sprofondato in panchina a fumare, il pubblico comincia a sfollare mestamente. Il gelo, il silenzio, il buio: non una vibrazione, non un animarsi, non una speranza. Contro il Verona la Salernitana si fa male da sola, ancora una volta. Gli scaligeri dominano nel primo tempo, eppure vinceranno nel secondo. In avvio un sussulto granata aveva prodotto il vantaggio: lancio di Tedesco, Arcadio taglia in area e rimette al centro, Comazzi anticipa Vignaroli, ma devìa in porta. Sembra un pomeriggio facile facile, ma i granata sbandano. Quattro volte il fuorigioco non si aziona e per quattro volte il Verona divora il pari, che arriva comunque al 43' con Italiano. Ripresa fulminante: 20 secondi, Zeman è appena sbucato dagli spogliatoi e vede Cossato raddoppiare. Tre minuti appena e Cassetti crossa da 40 metri: Botticella (nella foto al centro), spiazzato, alza la palla, che gli sbatte sulla nuca e finisce in porta. Mai flash più significativo: la Salernitana perde da sola...

ZEMAN NON S'ACCORGE DEL FALLIMENTO

«Chiediamo scusa ai tifosi per lo spettacolo di oggi. Comunque, salverò questa Salernitana. Come? Vincendo 10 gare»

Ha parlato tanto con il presidente e con i calciatori che sembra quasi che abbia esaurito le parole. Non ne trova, Zeman (nella foto in basso), per spiegare il decimo ko stagionale e l'ultimo posto. Non sa indicare i motivi di questo stato, ma, almeno, ha il buon senso di non accampare alibi di comodo. «Chiediamo scusa ai tifosi, abbiamo offerto uno spettacolo molto brutto da vedere». Con Aliberti cosa vi siete detti? «Abbiamo analizzato il momento. Siamo consapevoli che è davvero difficile, ma dobbiamo lavorare per migliorare». Si esonererebbe? «Mi conosco, mi voglio bene. Dico solo che, se un presidente assume un tecnico, sa cosa sceglie. Ho scelto di salvare la Salernitana. Se non ne fossi stato convinto, non sarei rimasto». Cosa si rimprovera? «Le dieci partite perse. L'estate? E' sempre troppo facile parlare dopo. Sono rimasto perché, nonostante i piani iniziali fossero cambiati, mi bastava». Sente d'aver fallito? «No. L'ultimo posto è brutto, non ci sono abituato, ma c'è stato anche qualcosa di buono: abbiamo valorizzato dei calciatori e si sta dando la possibilità ad altri di mettersi in mostra». Rinforzi? «Ora il mercato è chiuso. A gennaio, se ci sarà la possibilità, la società farà qualcosa, ma sono contrario a cambiare senza un evidente miglioramento». Le prospettive? «Ditemi voi quale società ora può permettersi di comprare giocatori che fan la differenza...». Si salverà? «Credo non solo che possa, ma, anzi, che debba salvarsi». Con lei alla guida? «Non so. Oggi ci sono pochi indizi per dirlo. Faccio l'allenatore da 30 anni, mi piace questo mestiere. Stiamo vivendo un momento difficile». Non pensa che per salvarsi debba assumere un altro atteggiamento tattico? «Che senso avrebbe fare catenaccio quando bisogna vincere? Ci vorrebbe più applicazione in fase difensiva: abbiamo regalato i gol. Non credo c'entri il modulo, infatti sul secondo gol eravamo in dieci nella nostra metà campo». Perché queste distrazioni? «Quando sbagliamo, molliamo di testa e non facciamo più le cose che proviamo. Come mai? La mia squadra è basata su corsa ed aggressività: sono mancate entrambe». Pensa che qualche giocatore abbia la testa altrove? «Nessuno mi ha chiesto di andar via. In settimana avevo avuto dei segnali che mi facevano ben sperare: la squadra sembrava carica». Perché Botticella? «Mi era sembrato in condizioni migliori di Marruocco, che, invece, aveva dato segnali di nervosismo in settimana». Perché nessuna reazione? «Per reagire non basta che qualcuno ti dica di farlo: bisogna spiegare le cose e capirle» 10 sconfitte sono troppe. «Non mi era mai accaduto. Mi rendo conto che la gente non abbia più fiducia, ma, a parte oggi, la squadra non ha mai demeritato. Ripeto: possiamo, anzi dobbiamo salvarci». Come? «Vincendo altre 10 partite». Si è dato un termine? «Quello del calendario: il campionato finisce a giugno».

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