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Tu sei qui: Cronaca, Notizie, Lifestyle«Quando c'era "Fra Gigino" era tutta un'altra storia», cittadini di Cava de' Tirreni segnalano degrado in piazza San Francesco
Scritto da (redazioneip), lunedì 2 agosto 2021 08:47:13
Ultimo aggiornamento lunedì 2 agosto 2021 08:47:13
Degrado in piazza San Francesco e i cittadini di Cava de' Tirreni rimpiangono il periodo in cui Luigi Petrone, oggi consigliere comunale, ricopriva l'incarico di rettore del santuario di San Francesco e Sant'Antonio. Attraverso i social, alcuni cavesi hanno rievocato i fasti del passato, quando l'ex frate, in prima linea a favore dei più deboli e dell'intera cittadinanza, trasformò il santuario in un punto di riferimento importante per tutta la comunità metelliana.
«Con la mancanza di Luigi Petrone, rettore del Santuario, Cava sta vivendo un momento drammatico sotto l'aspetto organizzativo e turistico e un degrado di piazza San Francesco e dintorni. Pulizia, ordine e decoro erano le sue prerogative. Solo lui può portare la nostra città agli antichi splendori e anche oltre...», scrive un cittadino sui social.
In presenza di padre Luigi al Santuario la chiesa era sempre gremita di persone e, invece, adesso è quasi sempre vuota, tanto che Massimo Buchicchio, studioso di storia locale e cultore delle tradizioni cavesi ed esponente politico de "La Fratellanza", l'ha definita una «Cattedrale nel Deserto».
«Nessun confronto si vuole fare con il nuovo rettore. - ha precisato Buchicchio- Fra Pietro gode della mia stima. Ma l'ex fra Gigino aveva un carisma diverso. Piaceva oppure no, riusciva a far rispettare, a modo suo, con il suo caratteraccio un po' ruspante la sacralità dei luoghi. Non so come oggi si possa privilegiare una maggiore spiritualità, limitando a poche ore, l'accesso al santuario con conseguente riduzione delle funzioni liturgiche. Per il passato sono stato un severo critico dell'operato di fra Gigino, ma utilizzando l'espressione proverbiale "con il senno di poi", valuto positivamente gli eventi religiosi e profani che furono posti in essere a suo tempo dall'eccentrico francescano. Solo a posteriori, quando ormai è troppo tardi ed è del tutto inutile parlarne, ci siamo accorti del "valore aggiunto" che il frate aveva apportato alle nostra città in termine di turismo-religioso, folcloristico e gastronomico. Le porte del santuario erano aperte a tutti. Il santuario era un punto di riferimento per i giovani, per i derelitti, per gli anziani che, specie nel mese di agosto, lasciati soli dalle famiglie in ferie, nel chiosco del convento, trascorrevano in compagnia qualche ora serena mangiando un zeppola, ascoltando una tammorriata. Vi è stato senz'altro qualche eccesso. Ma era dovere della gerarchia francescana, a cui faceva però comodo quella realtà, porre dei rimedi».
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