Tu sei qui: CronacaVende tesori archeologici, denunciato un avvocato
Inserito da (admin), lunedì 27 settembre 2004 00:00:00
Ha venduto alcuni pezzi della collezione privata di grande valore archeologico ed è stato denunciato. È accaduto a Fernando Di Marino, avvocato, residente a Cava de'Tirreni, a cui è stato contestato il reato previsto dall'articolo 173 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004. In pratica, trattandosi di beni di notevole valore storico-archeologico, e quindi sottoposti a vincolo da parte della Soprintendenza, non possono essere alienati come qualsiasi altro oggetto. Denunciato anche l'acquirente, Fabrizio Olivi, noto imprenditore di Reggio Emilia, accusato di ricettazione, a cui sono stati sequestrati i reperti acquistati dopo le perquisizioni, ordinate dalla Procura. La vicenda giudiziaria ha inizio dopo che lo stesso Di Marino agli inizi di agosto ha comunicato alla Soprintendenza la vendita di sei reperti archeologici della collezione privata. Ma la vendita in questi casi non è libera ed è scattata la denuncia. Proprio in considerazione del notevole valore degli oggetti ed essendo gli stessi di eccezionale interesse archeologico, sono sottoposti ad uno specifico vincolo. La normativa, infatti, subordina lo smembramento delle collezioni e la vendita di alcuni pezzi all'autorizzazione rilasciata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in quanto è riconosciuto allo stesso Dicastero il potere di acquisto in via prioritaria. Un diritto di prelazione che il Ministero nel caso specifico non ha avuto la possibilità di esercitare, in quanto i pezzi sono stati venduti direttamente da Di Marino all'imprenditore emiliano, appassionato di archeologia ed ora finito nei guai. Così, dopo la segnalazione della Soprintendenza, è stata aperta un'inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Angelo Frattini. Dopo i primi accertamenti, nei giorni scorsi sono state eseguite perquisizioni sia presso la villa dell'acquirente a Reggio Emilia che nell'abitazione del venditore a Cava de'Tirreni. Alla fine, ai pezzi venduti senza autorizzazione ministeriale sono stati apposti i sigilli. In pratica, nel corso delle perquisizioni si è proceduto ad una sorta di ricognizione di ciò che era stato venduto, confrontando i pezzi con quelli contenuti nell'elenco della collezione di cui dispone la Soprintendenza. La collezione privata di Fernando Di Marino, finita nel mirino della Procura, è composta di 40 reperti di vario genere, che risalgono ad un periodo abbastanza ampio, compreso tra l'VIII ed il VII secolo a.C. fino all'epoca imperiale. Pezzi di grande pregio: si tratta di alcune statue in marmo del II secolo d.C., unguentari in ceramica degli inizi del II secolo a.C., coppette in ceramica, brocchette, bottiglie, un attingitoio degli inizi del VI secolo a.C. E poi, ci sono bronzetti, capitelli corinzi, sia in marmo che in pietra calcarea. Non manca neppure un sarcofago in pietra calcarea, che risale al periodo tra la fine del I secolo d.C. e gli inizi del II. Ci sono anche olle in ceramica, recipienti che servivano alla conservazione dei cibi, ed ancora colonne, anfore di argilla di diverse dimensioni, urne in marmo ed un'ancora in piombo.
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