Tu sei qui: CronacaPista ultrà per la bomba al ‘Cavese Point'
Inserito da (admin), mercoledì 14 gennaio 2004 00:00:00
Il giorno dopo l'esplosione della cassetta bomba davanti alla vetrina del "Cavese Point" - il punto vendita di gadget, biglietti per partite esterne e materiale con il marchio della Cavese, di proprietà del dirigente aquilotto Franco Di Salvatore - si segue la pista dell'azione dimostrativa contro la Cavese Calcio, ma non solo. Di Salvatore, titolare di una litotipografia, è un imprenditore impegnato anche nell'organizzazione di concerti e sta lavorando in maniera consistente al "Palasele" di Eboli. Tra l'altro, è socio di Alfonso Troiano, il figlio dello scomparso Ciccio, ed è stato uno degli organizzatori della giornata di Biagio Antonacci allo stadio "Lamberti" in occasione della festa promozione contro il Vittoria. Secondo le prime indiscrezioni, le indagini avviate dal Commissariato locale di Polizia sarebbero rivolte a rintracciare legami con altri episodi sospetti. Tra questi, le voci trapelate sabato notte al Corso Umberto, ma non ancora confermate, circa la visita in città di una delegazione di tifosi della Nocerina. La zona in cui si trova il "Cavese Point" è, tra l'altro, la stessa dove si registrò il terribile raid teppistico alla vigilia del derby Nocerina-Cavese. Nell'elenco figurerebbe anche l'incursione notturna della scorsa settimana negli uffici di Cava Market, di proprietà del presidente della Cavese, Antonio Della Monica. Minacce, dunque, contro la squadra aquilotta. Ma chi sarebbero gli autori? Tifoserie avverse o persone vicine all'ambiente della società, in rotta già da qualche tempo con gli esponenti? Le uniche certezze arrivano dai primi rilievi eseguiti sulla cassetta bomba. Chi l'ha preparata ha usato un grosso petardo. In realtà, sembra essersi trattato di una classica cipolla usata per i fuochi di fine anno, che da sola non avrebbe potuto provocare grossi danni. Ma l'ordigno è stato confezionato come un pacco bomba. Secondo i primi accertamenti, l'autore o gli autori del folle gesto hanno adagiato una cassetta di frutta, posizionata in senso verticale, davanti alla vetrina del negozio. Sopra hanno sistemato il grosso petardo. Infine, hanno acceso la miccia. La deflagrazione ha colpito la vetrina nel mezzo. L'onda d'urto è stata violenta, ma poiché si trattava di un vetro antiproiettili, la vetrina si è scheggiata, senza frantumarsi. Tra l'altro, è stata prontamente sostituita dopo la scoperta del fattaccio. Nessuna rivendicazione o scritta ingiuriosa: la mano incendiaria non ha lasciato alcun indizio. Diversi gli episodi registratisi negli ultimi mesi lungo le vie principali del centro cittadino. Risale al 24 ottobre scorso la prima rapina alla filiale della Banca di Roma, in via Mazzini. I rapinatori agiscono a volto scoperto: sequestrano dipendenti e clienti, per portare via 10mila euro. Dopo poche settimane, il 18 ottobre, al Parco Beethoven esplode una bomba carta, che danneggia la vetrina del negozio "Borse & Borse", della famiglia Ferraioli-Buonocore. Alla vigilia del nuovo anno - siamo allo scorso 30 dicembre - si consuma la rapina bis alla Banca di Roma. I rapinatori, ancora una volta a volto scoperto, mettono a segno un colpo da 7mila euro. Ma non è finita. Nell'ultimo week-end ancora gesti criminali. Venerdì notte vengono sparati 4 colpi di pistola contro la vetrina del caseificio dei fratelli Bisogno, in via XXV Luglio. Sabato notte, poi, balordi danno alle fiamme i cassonetti della Se.T.A. e le campane per la raccolta differenziata. Nella notte tra domenica e lunedì, infine, la cassetta bomba al "Cavese Point".
Il vicequestore Coppola: «Opera di balordi, non del racket»
«Stiamo battendo tutte le possibili piste investigative. Al momento, ci sono solo delle ipotesi su quello che potrebbe essere il movente per l'esplosione della scorsa notte»: a confermarlo è il vicequestore Sebastiano Coppola, dirigente del Commissariato di Polizia locale. Contattato telefonicamente, ieri mattina di buon'ora, Coppola era già al lavoro, alle prese con l'ennesimo episodio incendiario registratosi in città. «A 24 ore di distanza dal fattaccio - ammette Coppola - non ci sono grossi sviluppi nelle indagini. Ieri mattina (ndr: lunedì mattina) abbiamo eseguito i primi rilievi ed abbiamo raccolto diverse testimonianze». Tra i testimoni ascoltati ci sarebbero alcune persone che abitano in zona, oltre al proprietario del "Cavese Point". «Sulla base dei primi riscontri - spiega Coppola - tendo ad escludere la matrice del racket. Il proprietario del "Cavese Point" è anche titolare di una tipografia. Pertanto, se avessero voluto colpirlo, avrebbero mirato alla sua attività commerciale, ubicata in una zona più periferica. Inoltre, accanto al "Cavese Point" ci sono diversi negozi, che potevano finire nel mirino». Esclusa la matrice estorsiva, le indagini si concentrano su due piste. «Parlerei piuttosto - precisa Coppola - di ipotesi. Credo che possano essere stati dei balordi, che hanno pensato bene di far esplodere un grosso petardo davanti alla vetrina, oppure qualcuno che voleva colpire la Cavese Calcio».
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