Tu sei qui: CronacaOspedale, Ginecologia al collasso
Inserito da (admin), giovedì 22 ottobre 2015 00:00:00
Il reparto di Ginecologia del “Santa Maria dell’Olmo” è ridotto al lumicino e continua ad essere attivo solo grazie all’Alpi (Attività libero professionale intramuraria). Tra due settimane andranno in pensione due medici, per cui rimarranno nel reparto solo tre dottori, incluso il primario. Un numero troppo esiguo non solo per fornire un’assistenza sanitaria adeguata alle pazienti, ma anche per coprire i turni di 24 ore. Da qui la decisione, già anticipata in più occasioni dal manager del Ruggi, Vincenzo Viggiani, di ricorrere in modo massiccio all’Alpi.
Grazie a questa formula lo staff di Ginecologia del “Santa Maria dell’Olmo” è rafforzato da medici provenienti da altri ospedali dell’Azienda, che però, per le loro prestazioni, vengono pagati non poco. La tariffa è fissata a 60 euro lordi all’ora. Il prezzo è caro, ma il blocco del turnover, stabilito dall’ente regionale, non dà altri margini di manovra. I turni del prossimo novembre sono stati, dunque, coperti grazie alle prestazioni in Alpi di 7 medici del Ruggi, tra cui il primario di Ginecologia del San Leonardo, Paolo Naddeo.
Ma la carenza di personale sembra che sia stata solo tamponata. La vera emergenza, stando agli addetti ai lavori, si presenterà il prossimo dicembre, in concomitanza con le festività natalizie. Un periodo delicato, questo, che potrebbe mettere in crisi il già fragile sistema di turnazione, che finora si regge sull’Alpi, ma anche sulla massiccia richiesta di straordinario al personale. Non è insolito, infatti, che un medico sia chiamato a prestare servizio per 30 ore consecutive, mentre durante la scorsa estate perfino il primario è stato costretto a rientrare dalle ferie per non lasciare i turni scoperti.
Il personale sanitario del reparto, ormai al collasso, chiede dunque l’intervento risolutivo del vertici dell’Azienda e della Regione. Tra le ipotesi prospettate nuove assunzioni, ma anche l’accorpamento con il reparto di Ginecologia di un altro ospedale dell’Azienda. Questo consentirebbe di avere più personale a disposizione e di aumentare il numero di parti, che a Cava de’ Tirreni negli ultimi mesi è diminuito vertiginosamente, soprattutto a causa del fatto che si è ridotto drasticamente il numero dei ginecologi, i quali ormai sono impegnati solo nei parti ed hanno tralasciato, per mancanza di tempo e carenza di personale, gli interventi ginecologici.
Ma il problema che sta vivendo Ginecologia, e che rischia di acuirsi entro un mese, potrebbe essere solo una sorta di anteprima di quello che toccherà a breve al reparto di Chirurgia, uno dei fiori all’occhiello dell’ospedale di Cava de’ Tirreni. Anche in questo settore gli imminenti pensionamenti potrebbero svuotare il reparto, che, come Ginecologia, rischierebbe di rimanere in piedi solo grazie all’Alpi.
Il grido di allarme di Ginecologia, peraltro, si pone in concomitanza con la battaglia intrapresa dal chirurgo Luigi Cremone, il quale sta lottando per ottenere un reparto autonomo rispetto a Chirurgia - con almeno 6 posti letto - necessario per fornire un’adeguata assistenza sanitaria e psicologica alle molte donne che, ogni anno, si affidano a lui per sottoporsi ad interventi invasivi, quali la miomectomia al seno. Grazie all’aiuto della società civile ed alla manifestazione organizzata circa due settimane fa dall’associazione “Frida”, Cremone ha ottenuto un incontro con Viggiani, che sembra si sia mostrato interessato al progetto del senologo. Resta chiaramente il problema di un reparto che, senza interventi realmente risolutivi, rischia di andare inesorabilmente verso una chiusura definitiva.
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