Tu sei qui: Cronaca"Mio figlio? Tifoso, non teppista"
Inserito da (admin), giovedì 18 ottobre 2007 00:00:00
«I nostri figli non sono dei violenti, sono loro le vittime di un gioco al massacro che vuole infangare i tifosi della Cavese e l'intera città». A parlare è la madre di uno degli 11 ultras diffidati per il corteo partito da Piazza San Francesco nel maggio scorso, in occasione del derby di ritorno Cavese-Salernitana giocato a porte chiuse. «Anche le mamme degli altri ultras sono pronte a testimoniare sull'innocenza dei propri figli - spiega - Ma non siamo solo noi a difenderli, bensì tutti quelli, parlo di 300 persone, che hanno partecipato al corteo (una protesta pacifica tra l'altro) e possono raccontare la verità sull'accaduto».
Già, a quella manifestazione c'era anche lei, a pochi passi dal figlio. Stessa passione per la maglia biancoblu, stessa voglia di manifestare per la stagione vincente, sia pure non coronata con la promozione. «Tutto ciò che è stato riportato dalle cronache e, soprattutto, tutto quello che viene imputato ai nostri ragazzi - continua la mamma - è falso. Non ci sono stati blocchi stradali, così come non ci sono stati insulti ai poliziotti né tanto meno istigazione alla violenza. Chi era lì può dire che si è trattato di una festa. Non è stato sparato alcun petardo ed i poliziotti erano al nostro fianco. Ci scortavano senza alcuna tensione, anzi, camminavano al nostro fianco».
Eppure, all'indomani del corteo sono partite le accuse ed in seguito i provvedimenti, prima annullati, poi riconfermati. I genitori, così come gli stessi ragazzi, non vogliono passare ancora una volta per violenti. «Il tifo dei cavesi è ormai maturo - conclude la mamma - Sono anni che i supporters della Cavese non sono protagonisti di episodi di violenza. Eppure, un giorno sì ed uno no questi ragazzi finiscono sui giornali con titoloni a tutta pagina. Non ci stiamo. Non è giusto finire vittima di un sistema che demonizza il mondo ultras, senza tener conto di chi vuole solo vivere la sua fede calcistica. Quel giorno i ragazzi manifestavano pacificamente».
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