Tu sei qui: CronacaLa "dimenticata" tragedia di Balvano
Inserito da (admin), martedì 30 aprile 2013 00:00:00
Giovedì 9 maggio, alle ore 9.30, presso l’Aula Consiliare del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, sarà presentato il libro di Patrizia Reso “Senza ritorno. Balvano ’44, le vittime del treno della speranza”, edito da Terra del Sole ed incentrato sulla terribile e “dimenticata” tragedia del 3 marzo 1944, quando oltre 600 persone (di cui quasi 40 cavesi) morirono soffocate nella Galleria delle Armi, presso Balvano, per le esalazioni di anidride carbonica prodotte dalla locomotiva, rimasta bloccata proprio nel cuore del tunnel.
Dopo i saluti del Sindaco Marco Galdi e dell’Assessore alla Cultura, Teresa Sorrentino, interverranno: Walter Di Munzio, Presidente dell’Associazione Giornalisti Cava-Costa d’Amalfi “Lucio Barone”; Gennaro Francione, giudice e drammaturgo, nipote di Giulietta Brancaccio (una delle vittime); Vincenzo Esposito, docente di Antropologia Culturale presso l’Università di Fisciano.
Sono previste testimonianze dirette di altri familiari delle vittime e di un superstite (uno dei pochissimi ancora in vita): il cavese Raffaele Bellucci, padre di Dina, impiegata del Comune. Saranno presenti l’autrice ed il realizzatore della copertina, l’artista “pittografo” Franco D’Auria. Coordinerà e modererà l’incontro il giornalista Franco Bruno Vitolo.
Ancora una volta la Reso (già autrice di saggi sui partigiani e deportati cavesi e sulla regista Elvira Notari, pioniera del cinema) ha concentrato l’attenzione su una pagina di storia locale che si intreccia con quella nazionale, rievocando una tragedia che si è consumata a marzo del 1944 e che ha determinato la morte di oltre 600 persone.
Nella notte tra il 2 ed il 3 marzo del 1944 il treno merci 8017 si fermò sotto la Galleria delle Armi, prima di giungere alla stazione di Balvano, per una serie di circostanze, comprese quelle climatiche. Purtroppo il carbone utilizzato per alimentare la locomotiva e messo a disposizione dall’Esercito Alleato non era delle migliori qualità: produceva molte scorie e pochissime calorie. Quella galleria, lunga quasi 2 chilometri, si trasformò in poco tempo in una camera a gas. Donne, uomini, bambini, giovani in erba andarono incontro ad una morte tragicamente dolce.
I viaggiatori erano prevalentemente cittadini comuni, persone che si adattavano a viaggiare stipati in vagoni merci per andare a Potenza a procurarsi da mangiare, a barattare pochi averi in cambio di cibo, ormai introvabile, per i propri figli. Persone che vivevano nella miseria prodotta da una lunga e tormentata guerra, passate però alla storia come contrabbandieri e delinquenti da dimenticare presto. Da qui il silenzio che è piombato su questa tragica vicenda, su quello che ha rappresentato un lacerante dolore solo privato, mentre questi morti a pieno titolo si possono e si devono considerare vittime civili di una guerra non ancora finita e come tali meritano il giusto tributo della memoria.
Franco Bruno Vitolo
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