Tu sei qui: CronacaLa "città della bianca": tutto iniziò con i party di via Formosa
Inserito da Il Mattino (admin), venerdì 29 giugno 2001 00:00:00
Tutti assuntori, vecchi e nuovi consumatori della polvere bianca, ma nessuno spacciatore. Il livello più basso della catena della coca Caracas-Salerno si è difeso così. Ieri mattina, nell'aula 28 del Palazzo di Giustizia a Salerno, il gip Michelangelo Francavilla ha ascoltato quattro degli indagati dell'operazione Bolivar, fra quelli detenuti agli arresti domiciliari. Giuseppe Mosca, l'insospettabile di Cava de' Tirreni, assistito dall'avvocato Silverio Sica, è stato l'unico ad avvalersi della facoltà di non rispondere ed a fare una dichiarazione spontanea, in cui avrebbe ammesso solo un passato da assuntore di cocaina.
L'attenzione degli investigatori è ora concentrata sull'individuazione di quei «clienti facoltosi», pronti a pagare caro una dose della polverina bianca. Quel giro di insospettabili che si rivolgevano, secondo gli inquirenti, agli arrestati, sicuri di poter avere a disposizione «nuovi jeans, una maglietta», come le definisce durante le conversazioni telefoniche Lucia Zullo, la donna indicata dalla Procura come la «distributrice» della droga nell'Agro.
E così in tanti sanno di poter essere tirati in ballo. Temono per quei brevi, ma ingombranti contatti con la cupola dell'organizzazione. Per ora si segue un frastagliato identikit dove il confine tra consumatori e complici è spesso labile. Si comincia con i tossicodipendenti «da strada», per passare ai «giovani fuori», che dal chiuso delle loro camerette provano la perversione. Ed ai rampolli insoddisfatti, che coltivando l'hobby della sniffata. La porta dell'orrido è a pochi passi. Si è aperta qualche mese fa sugli stretti vicoletti che collegano il centro alle zone residenziale.
Il viaggio verso il «paese della bianca» comincia proprio da una mansarda. In Via Formosa, in un pied-à-terre dove si riuniscono i figli della Cava-Bene, vengono ritrovati 80 grammi di cocaina. Andrea De Rosa, 32anni, imprenditore edile e proprietario della mansarda, viene incastrato. Durante il blitz della polizia viene trovata un'agenda con nomi e cognomi e relativi importi. Consumo personale è la tesi di De Rosa. Spaccio e coca-party è l'ipotesi degli inquirenti, che fanno riferimento ad un continuo via vai di noti tossicodipendenti. Qualche mese più tardi, ancora un'incursione. Fioravante Siani, detto «'u mattone», viene arrestato: nella sua baracca/garage in Via XXV Luglio, a pochi passi dalla sua abitazione, viene scoperto un deposito di droga. Iniziano i collegamenti per un traffico, quello degli stupefacenti, che frutta centinai di milioni. Si cercano di individuare i fornitori, i pesci grossi. Saltano fuori l'Agro, Milano e l'Est europeo, il ruolo di una donna, la femmina del pusher capace di gestire gli affari in città. Nello scenario degli insospettabili entrano anche loro: ragazzi, giovanissimi che organizzano una sorta di subspaccio, quello destinato ai coetanei nelle ville comunali e al corso principale. Scatta l'ora dell'orrore. Insieme alla droga, riti di iniziazione sadomaso per gli affiliati.
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