Tu sei qui: CronacaFioraio, no del giudice al patteggiamento
Inserito da (admin), mercoledì 21 febbraio 2007 00:00:00
Reiterazione del reato, aggravata dall'età delle giovani vittime e dalla relazione di parentela. Ed ancora, uno stile criminoso di vita fortemente incline a questa attività delinquenziale. Sono queste le motivazioni che hanno spinto il Gip Giovanna Lerose a respingere la richiesta di patteggiamento della pena presentata dai legali di Giuseppe D'Alessio, il fioraio di 47enne in carcere dal 1° gennaio scorso con l'accusa di molestie sessuali ed atti di libidine nei confronti delle sue due nipoti. Lo scorso 15 febbraio, in udienza camerale, gli avvocati Barbara Mauro ed Alfonso Senatore avevano chiesto l'applicazione concordata della pena complessiva di 1 anno e 3 mesi di reclusione: pena peraltro subordinata alla concessione della sospensione condizionale. Ritiratosi per deliberare, il giudice Lerose aveva dato lettura del provvedimento di rigetto, confermando la misura cautelare in carcere. In queste ore sono state rese note le motivazioni. Secondo il giudice, «la pena richiesta è incongrua sia in relazione alla gravità dei fatti - in particolare al loro protrarsi nel tempo ed in più in danno a due giovani, con l'aggravante dell'età e del grado di parentela - sia all'attività delinquenziale imputata al D'Alessio, che in base all'impianto accusatorio risulterebbe incline a questo tipo stile di vita».
Accuse pesanti, che vengono fuori dagli atti di indagini. Le due nipoti, rispettivamente di 22 e 24 anni, oggi difese dall'avv. Patrizia Macario, avrebbero subito molestie per oltre 5 anni sino allo scorso mese di dicembre, quando si sono presentate alla Stazione dei Carabinieri per sporgere denuncia. Stando alla loro testimonianza, quel giorno una delle due ragazze sarebbe sfuggita ad un tentativo di violenza, perpetuato dallo zio e culminato in una violenta aggressione. Sarebbe stato proprio quel terribile episodio a spingere le due ragazze a rompere il silenzio. Silenzio che, stando alle loro parole, sarebbe stato motivato dal pudore e dall'imbarazzo. E non solo. Il timore di rovinare la famiglia, ed in particolare la sorella della madre, nonché moglie del D'Alessio, ed una strana forma di omertà che avrebbe coinvolto anche altri parenti. Ai Carabinieri hanno raccontato i particolari. Secondo il loro racconto, le due giovani aiutavano lo zio nel negozio di fiori nei giorni di maggior lavoro. E lì, nell'oscuro del retrobottega, avrebbero subito con la forza atti sessuali: dai baci ai palpeggiamenti sopra e sotto i vestiti.
Le due non avrebbero parlato con nessuno per paura, ma anche perché, sempre secondo le giovani, c'era pure la "complicità" dei parenti. Uno strano silenzio con il quale, sempre secondo le ragazze, si cercava di far passare per "normali" le attenzioni dello zio. Nel corso degli anni, però, quelle attenzioni sarebbero diventate sempre più pressanti. Nel corso della loro testimonianza, le due giovani hanno anche parlato di somme di denaro offerte dallo zio (dai 20 ai 50 euro) per soddisfare i suoi desideri. Tutto questo fino al mese di dicembre, quando una delle due giovani sarebbe stata aggredita. «È riuscita a liberarsi dalla morsa - raccontano - ha riportato solo dei graffi sulle braccia». Le loro dichiarazioni sono state confermate anche dalla madre, cognata del D'Alessio, e dall'altra cognata, che hanno raccontato, nelle loro rispettive querele, delle attenzioni morbose e di essere state molestate. Le loro accuse sono finite però nel vuoto, perché tardive rispetto alla presunta data dei fatti contestati.
A breve la decisione sugli arresti domiciliari
È attesa ormai per le prossime ore la decisione del Tribunale del Riesame di Salerno, chiamato a pronunciarsi sulla concessione degli arresti domiciliari, richiesta dai legali di Giuseppe D'Alessio. Gli avvocati Barbara Mauro, Alfonso e Marco Senatore avevano presentato ricorso al Tribunale della Libertà, richiedendo la scarcerazione ed in subordine la concessione dei domiciliari. Lo scorso 15 febbraio i giudici del riesame hanno rigettato il ricorso e, dunque, la richiesta di scarcerazione, riservandosi di decidere sulla concessione degli arresti domiciliari.
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