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Cronaca

Chiude De Pisapia, altro colpo al cuore ed alla storia

Inserito da (admin), giovedì 6 luglio 2006 00:00:00

Ha chiuso i battenti, dopo oltre un secolo di presenza in città, lo storico De Pisapia coloniali. Un altro pezzo della storia economica e commerciale della città che va via. Dopo aver resistito alla scomparsa del marito, Sergio De Pisapia, ed alla fuga dei figlioli in altre città, la signora Ines Amabile, seduta alla cassa, sempre pronta ad accogliere tutti con il sorriso, ha passato la mano. E lo ha fatto con la morte nel cuore: sa che scompare, con la chiusura dell'antico esercizio, una parte della storia della famiglia De Pisapia, succedutasi nei circa 100 anni di vita, dal mitico don Peppe a don Sergio, deceduto prematuramente, fino a lei. I profumi del vecchio e glorioso coloniali si avvertivano subito nell'aria, in particolare quelli del caffè tostato. Quando avveniva la torrefazione, infatti, chi si avviava a percorrere da Piazza Roma, oggi Piazza Abbro, via Senatore o il Viale Crispi, veniva inebriato dall'odore delle continue miscele che la sapienza del buon don Peppe riusciva a creare.

E là, nel suo negozio, quando riscuotevano la cosiddetta quindicina, le maestre sigaraie e le fabbricaiole facevano capo per comprare quella delizia che serviva, unitamente alla piccola "bottiglietta" di anice, a riscaldare il petto nei mesi invernali o per scacciare l'odore del tabacco che inondava le loro narici quotidianamente. E non sono pochi quelli che ricordano le corse per comprare le liquirizie ed i cioccolatini presso don Peppe De Pisapia o l'altro coloniali, pure cancellato dalle pagine cittadine, De Sio in Corso Umberto. De Pisapia chiude, dunque. I 4 commessi, che in questi anni sono stati gli angeli custodi dei segreti delle miscele, dei sapori e profumi dell'esercizio, sono senza lavoro. Avevano pensato anche alla creazione di una cooperativa per mantenere in vita l'esercizio gestendolo in proprio, ma non è stato possibile. Peccato, poteva non solo essere un aiuto concreto per i 4 commessi, ma anche un modo per mantenere in vita una storia, una tradizione.

Nell'ultimo decennio si è assistito alla scomparsa di tantissimi esercizi che hanno fatto la storia della città. A dicembre toccò alla mitica e vecchia cappelleria Torre. Così fu scritto: entrando nel negozio si fa un tuffo nel passato. Si avverte un sapore di antico. Lì, negli scaffali aperti, facevano mostra i Borsalino, Panizza e non solo. Alfonso Torre, capostipite, il figlio Andrea e poi Alfonso, nipote e figlio, veri e propri artigiani. Ma ancora prima, altri esercizi hanno pagato il duro prezzo imposto dalla modernità. Basti ricordare le pasticcerie cavesi, don Peppe Civale al Corso, famoso per i babà, Tommaso Avallone per il pan di spagna, Armenante, Adolfo Liberti, poi diviso tra i due figlioli Luigi e Claudio, Sorrentino, bar come Canonico, famoso per i suoi spumoni, Pellegrino, le oreficerie Turino, le cartolibrerie Tenneriello o esercizi commerciali di tessuti pregiati e famosi in Campania, Adolfo Barbuti, Luigi Violante.

Oggi assistiamo all'apertura e chiusura continua di esercizi che hanno poca radicalità nel territorio, anche se rispondono alle esigenze del mercato. La Cava del Grand Tour, la Piccola Svizzera, la città dal fascino dei suoi portici, dei suoi specifici esercizi commerciali, della bellezza delle frazioni, delle colline ridenti e del verde che aveva fatto impazzire i pittori della scuola di Posillipo, sta cambiando volto, omologandosi a qualsiasi altra città del mondo. Un altro pezzo di quella Cava è scomparso. Anche De Pisapia sarà relegato all'oblio, accomunando il suo destino a quello dei tanti altri negozi cancellati dal vivere moderno.

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