CronacaCredito Commerciale Tirreno, Bonvino l'unico condannato

Credito Commerciale Tirreno, Bonvino l'unico condannato

Inserito da La Redazione (admin), martedì 22 giugno 2010 00:00:00

“Il fatto non sussiste” ed il “fatto non costituisce reato”: si conclude in questo modo il processo per il crac del Credito Commerciale Tirreno.

I giudici della Corte d’Appello di Salerno hanno, infatti, ribaltato la sentenza di primo grado, risalente al gennaio del 2008, assolvendo tutti gli amministratori e sindaci del Cct. O meglio, quasi tutti: l’unico condannato è stato Alfredo Bonvino, per il quale è scattata la condanna a 10 anni e 6 mesi di reclusione, uno e mezzo in meno rispetto a quanto sentenziato in primo grado.

Tra gli assolti Vincenzo Buonocore, ex rettore e docente di Diritto privato all’Università degli Studi di Salerno e deputato della Democrazia Cristiana, purtroppo deceduto dopo la sentenza di primo grado che lo condannava a 4 anni e mezzo, il quale all’epoca dei fatti ebbe prontamente a dire: “Naturalmente sono dispiaciuto, ma sono sereno perché in coscienza sono sicuro di non aver commesso alcun illecito con dolo”.

Sono stati assolti anche Marcello Marco e Giuseppe Raimondi, condannati in prima istanza a 5 anni, Enrico Di Lorenzo, Umberto Bonvino, Luigi Apuzzo, Alessandro Fasano, Marco Sassano, Giorgio Pagano, Michele Pastore, Donato Citro, Oscar De Franciscis e Giuseppe Di Marco, che erano stati condannati in prima istanza a 4 anni.

La vicenda risale alla metà degli anni ’90, allorquando Alfredo Bonvino rilevò la banca cavese dalla famiglia Amabile dopo che l’istituto di credito venne ereditato da Giulio Amabile, figlio di Mario. Con una delle diverse società create, la Saif, il finanziere di origini pugliesi si fece promotore di varie iniziative illecite, come acquisti di obbligazioni estere e falsificazioni delle poste in bilancio. Poco dopo fallì e finì in carcere, venendo processato con l’accusa di bancarotta fraudolenta.

Ieri sera l'epilogo della vicenda giudiziaria, con le assoluzioni pronunciate dai giudici della Corte d’Appello, presieduta da Claudio Tringali, che hanno segnato per gli imputati la fine di un incubo.

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