Cronaca"Il corpo nudo della notte", al MARTE la personale di Adriana Sgobba

"Il corpo nudo della notte", al MARTE la personale di Adriana Sgobba

Inserito da (admin), martedì 10 dicembre 2013 00:00:00

Riapre la stagione delle mostre al MARTE Mediateca Arte Eventi di Cava de’ Tirreni con la personale di Adriana Sgobba intitolata “Il Corpo nudo della notte”, inaugurata sabato 7 dicembre e visitabile fino a giovedì 2 gennaio 2014.

Adriana Sgobba è nata a Santo Spirito, Bari. Ha conseguito il diploma in Arte Pittorica presso l’Istituto d’Arte di Bari e successivamente in Decorazione Pittorica presso il Magistero Artistico di Napoli. Ha insegnato Educazione Artistica presso il Conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli, il Conservatorio Umberto I di Salerno e la Scuola Carducci di Cava de’ Tirreni. È stata progettista d’arte, con contratto presso l’Ospedale Psichiatrico dell’ASL SA1, laboratorio Cipe di Nocera Inferiore. Ha avuto come maestri per la pittura Alberto Chiancone, Roberto De Robertis e Francesco Spizzico, per la scultura G. Bibbo e E. Bona. Ha frequentato assiduamente la bottega artigiana del maestro ceramista Andrea D’Arienzo.

Le sue ceramiche sono presenti in collezioni private in Italia ed all’estero, nella Casa Comunale di Schwerte (Germania) e Pittsfield (USA) ed a Boston. Hanno scritto di lei: Margherita Asso, Tommaso Avagliano, Renato Aymone, Agnello Baldi, Carlo Barbieri, Alberto Bevilaqua, Sabato Calvanese, Walter Di Cagno, Giuseppe Giacovazzo, Rubina Giorgi, Piero Girace, Giovanni Lanzilotta, Giovanni Macchia, Mario Maiorino, Rino Mele, Gaetano Montanaro, Vito Pinto, Michele Pizzolorusso, Mario Pomilio, Domenico Rea, Italo Rocco, Alfredo Schettini, Mariza Worren.

«Opere nettamente allusive e pregne di sottintesi. Permeate di una loro spiritualità mediata da un’innegabile sensibilità religiosa come è già stato, qualche volta, messo in luce». Così scriveva il celebre scrittore Domenico Rea, vincitore del Premio Strega ed estimatore della Sgobba.

«Una sensibilità religiosa impregnata di umori terrestri. Quelle donne castissime in una pensosità quasi arcana che nulla concedono ad un’iconografia di maniera, ma che già sono icone che si distaccano - in una loro episodica compostezza - da ogni omologazione, sono donne consapevoli di una femminilità raggelata e sensibile; immagini intrise di colore in cui ritrovi quasi un riaffiorare espressionistico nella forte stesura cromatica tono su tono, toni che si addensano e si chiariscono nella loro polarità, in uno spessore di carne, quasi immersa nel presagio di un destino enigmatico e filtrato da una tensione dolente e vitale», scriveva l’autore di “Ninfa Plebea”.

Addetto Stampa Davide Speranza

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