CronacaCommercio in crisi, i perché di Trotta

Commercio in crisi, i perché di Trotta

Inserito da Il Mattino (admin), lunedì 4 febbraio 2002 00:00:00

Ha un peso rilevante sulla bilancia economica cavese. Il commercio fa i conti e registra un andamento stabile, ma si evidenzia sempre con maggior consapevolezza il bisogno di rimboccarsi le maniche, per non trovarsi indietro rispetto ad altre realtà: questa l'analisi del presidente dell'Ascom cavese, Luigi Trotta (nella foto). Qual è lo stato di salute del commercio a Cava? «Devo dire che il commercio cavese riesce, comunque, a mantenere un suo standard qualitativo ed una clientela affezionata. L'andamento positivo o negativo delle vendite è imputabile ad una economia che stenta a decollare e non, come ho sentito in giro, all'Amministrazione comunale, che invece nell'ultimo periodo, specialmente grazie all'assessore Antonio Barbuti, ci è particolarmente vicina. Nell'ultimo periodo di riferimento, quello natalizio e di fine anno, i livelli sono rimasti positivi, anche se non possiamo certo dire di aver avuto un incremento rispetto agli anni passati». Praticamente, Cava ed il commercio sono sempre stati una sola cosa: questa identità si rischia di perderla? «La liberalizzazione delle licenze è stata un danno. Come Ascom, avevamo chiesto due anni fa al Comune una mappatura dell'offerta commerciale, per poter avere un quadro chiaro dello stravolgimento che si era avuto in questi anni. Il pericolo reale è la perdita dell'identità di commercio variegato, di un'offerta a 360 gradi. Chi veniva a Cava, fino a pochi anni fa, trovava anche negozi di artigianato, di offerte particolari, in settori anche di largo consumo. Faccio un esempio: chi si ricorda della "Boulangerie", che vendeva pane di ogni tipo. Venivano dappertutto per comprarlo e questo contribuiva a mantenere vivo l'interesse per la nostra città. Oggi, invece, c'è un appiattimento dell'offerta: sono scomparse quelle attività storiche che ci distinguevano e non sono state rimpiazzate. A questo si è aggiunto il degrado della città». Oggi, quindi, manca l'attrazione fatale: Cava de' Tirreni è diventata una vecchia signora? «Beh, diciamo che ancora ci difendiamo, ma gli anni passano e, se non si trova l'elisir di giovinezza, l'attrazione si affievolisce e questo sarebbe un danno enorme per tutta la nostra economia. Il problema è che bisogna risvegliare l'interesse dell'utenza. Ciò è possibile soprattutto offrendo maggiore e migliore ospitalità e questo è un problema che deve risolvere l'Amministrazione comunale. Ridare decoro alla città, valorizzare i beni storici ed artistici. Cava è bella e lo dobbiamo ai nostri avi. Noi abbiamo il dovere di non sciupare tutto, anzi, se vogliamo essere all'altezza, dobbiamo essere capaci non solo di salvaguardare, ma migliorare quello che possiamo vantare, senza perdere il passo con i tempi». Qual è, allora, la ricetta dell'Ascom? «Abbiamo delle grandi possibilità di rilancio. Bisogna saperle sfruttare. Ad esempio, finalmente spariranno i prefabbricati: occupiamo quei suoli con strutture sportive capaci di ospitare grandi manifestazioni e completiamo quelle in cantiere da decenni. Noi ci aspettiamo molto dal progetto Urban. Manca poco alla definitiva erogazione da parte dello Stato di circa 10 miliardi e come associazione abbiamo partecipato, proponendo un progetto integrato per la rivalutazione di tutto il centro storico, così come prevede la finalità del finanziamento, per il quale l'Amministrazione potrebbe già avviare i bandi. Soprattutto, però, sarebbe necessario portare a termine il progetto di realizzare un importante albergo nella struttura di San Giovanni, in pieno centro storico, ed il teatro nell'ex pretura. Sicuramente questi due progetti, con la conclusione della pavimentazione che è in atto, la realizzazione del trincerone e del sottovia veicolare, ridaranno smalto e vigore alla... diciamo signora».