CronacaCoca, tutte le strade portano al Borgo

Coca, tutte le strade portano al Borgo

Inserito da Il Mattino (admin), venerdì 22 febbraio 2002 00:00:00

Si sgretola la cupola della polvere bianca. Tra i vicoli di Corso Umberto, davanti ai nuovi ritrovi fino agli intimi monolocali del centro, trovare la via della droga è facile come cercare un negozio. La coca viene servita bella e pronta. Chi cerca una dose non ha più bisogno di dirigersi verso i paesi dell'hinterland napoletano, deve solo seguire i nuovi segnali: i messaggi Sms, l'email o l'invito per il party giusto, quasi sempre fissato nel week end. Un grande business gestito da pusher al passo con i tempi? Secondo gli investigatori le indagini di questi mesi hanno evidenziato uno scenario di altro spessore. Gli spacciatori, spesso reclutati tra minorenni insospettabili, sarebbero i terminali di un sodalizio che ha diramazioni in tutta Italia. Rete che vede Cava come uno dei punti strategici ben collegati alle basi del Nord, tra cui Milano e la Riviera romagnola, ed ai centri internazionali, specie nel Paesi del Sud America. E così, dietro episodi di spaccio, ci sarebbe l'immancabile ombra "dell'organizzazione" che darebbe il proprio ok per traffici che portano ad entrate giorno per giorno milionarie.

Le inchieste

A spiegare i nuovi crocevia ci sono fascicoli e fascicoli di inchieste, insieme ad una lunga catena di arresti. Il 25 febbraio '99 gli agenti della Polizia, guidati dal vicequestore Sebastiano Coppola (nella foto al centro), arrestano Andrea De Rosa, 32enne imprenditore, fermato nella sua mansarda di via Formosa con 80 grammi di cocaina ed un diario segreto. Nella piccola agenda ci sono nomi e somme di denaro. Gli inquirenti parlano di consumo tra vip. Tra le mura "segrete" giovani professionisti, piccoli rampolli di famiglie benestanti fanno uso di cocaina proveniente da Milano. A provarlo alcune intercettazioni telefoniche ed il tabulato delle chiamate arrivate su cellulare. Gli inquirenti gettano la rete. Dopo un mese è la volta di Fioravante Siani, 28enne, titolare insieme al padre di un caseificio di mozzarelle in via XXV luglio. La Polizia trova nella sua baracca 200 grammi di hashish. L'inchiesta porta a nuovi sviluppi: ad agosto finisce in manette Pasquale Sgambato, pluripregiudicato di Pagani. Nel suo arsenale viene ritrovato del fumo di chiara matrice dell'Est. A maggio 2000 una banda di sei ragazzi cavesi accoltella al porto turistico di Salerno uno studente, Roberto Fieramosca. Una lunga inchiesta, guidata dal sostituto procuratore Domenica Gambardella, mette in luce il vero movente: un regolamento di conti per il mancato pagamento di un pane di hashish. Mesi di indagini, con intercettazioni ambientali e telefoniche, riportano a galla un meccanismo perfetto ed al tempo stesso inquietante. Per gli investigatori quella banda tiene in piedi un'organizzazione per lo spaccio di droga in città, con ruoli, codici, come le ordinazioni con Sms. Ma non basta: la tragica testimonianza di uno dei ragazzi svela agghiaccianti retroscena, come il rito di iniziazione. Chiamato rito dell'asciugamano, nei verbali e nelle testimonianze, a sfondo sessuale a cui i giovani adepti dovevano sottoporsi per entrate a far parte del gruppo. A capo c'è Gianni Squillace (nella foto in basso), 20 anni, figlio di due medici separati, che controlla con il piglio del "leader" i suoi fedeli compagni Felice Cardamone, Pietro Vitale, Dario Alfano, Antonio Malzone, Nicola Ferrara, Salvatore Iovine, Alfonso Marzano, Michele Corvino, Filippo Siliquini e Giovanni Ragosta. Nel giugno del 2001, a quasi un anno di distanza, viene trovato un altro tentacolo. Secondo gli investigatori, Squillace sarebbe legato ad un traffico internazionale. Ma a capo della cupola c'è un altro nome cavese: è Lucia Zullo, 36 anni. È lei il principale punto di riferimento dei narcos colombiani e venezuelani, desaparecidos di vecchi clan e diktat dell'organizzazione. A dicembre è la volta del camper della droga. Al casello autostradale gli agenti fermano un camper proveniente dalla Riviera romagnola. Al suo interno viene ritrovato un grosso quantitativo di cocaina, nascosto in piccoli ovuli: vengono arrestati Carlo Giunta, 44 anni, di Siracusa, e la sua compagna Liliana Docina Becu. Intanto, i Carabinieri, in pieno centro e per di più di sabato sera, fermano Gianluca Bisogno, fratello di Maurizio, calciatore della Cavese, per la detenzione di alcuni grammi di hashish.